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Nozione di centro abitato - rilevanza urbanistica

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view post Posted on 19/4/2024, 10:17     +2   +1   -1
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La rilevanza urbanistica della nozione di centro abitato

Il Consiglio di Stato, Sez. II, nella sentenza n. 2798 del 22 marzo 2024, richiama la rilevanza urbanistica della nozione di centro abitato, in relazione alla disciplina dell’edificazione nei Comuni privi di piano regolatore o di programma di fabbricazione e, quindi, in ordine alle distanze dell’edificazione dal nastro stradale.

Il caso trattato nella sentenza riguarda l’impugnazione, da parte di un proprietario e degli usufruttuari di un immobile adibito ad esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande, dell’ordinanza con cui il Comune competente, contestando l’avvenuta realizzazione di un portone in legno e di un cancello apposti a chiusura di un corridoio coperto che si affaccia sulla via, che realizzava un ampliamento plano-volumetrico dell’attiguo locale commerciale, ne ingiungeva la demolizione irrogando altresì la sanzione pecuniaria di euro 1.032.

Il Consiglio di Stato, reputando dirimente individuare la data di realizzazione dell’immobile nella sua consistenza finale, comprensiva del corridoio, comunque lo si voglia denominare e a prescindere dalla sua concreta utilizzazione. “Al riguardo – si legge nella sentenza – la giurisprudenza ha da sempre affermato che l’obbligo di comprovare la preesistente consistenza di un immobile all’epoca di edificazione libera grava sulla proprietà. Il privato, cioè, è onerato a provare la data di realizzazione dell’intervento edilizio, non solo per poter fruire del beneficio di una sanatoria, ma anche – in generale – per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi“.

“Solo il privato, infatti– prosegue la sentenza –, può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, in via generale, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno del suo territorio negli anni precedenti al 1967“.

Il comma 2-bis nell’art. 9-bis del Tue, introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020, ha proprio la finalità di agevolare la prova dello stato legittimo dell’immobile, laddove si tratti di manufatti che insistono in loco da molti anni, consentendo di attingere ai titoli abilitativi relativi non solo alla sua originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative.

L’affermazione del Comune, che riteneva di trarre la prova dell’abusività dell’opera dalla mancata produzione della licenza edilizia che comunque sarebbe stata necessaria per chiudere il corridoio, giusta l’insistenza dell’immobile nel “borgo antico”, non è plausibile, in assenza del titolo originario in forza del quale è stato realizzato il fabbricato, con conseguente prova dell’apertura verso la strada del corridoio, e quindi, indirettamente, della sua chiusura solo in epoca successiva.

Ulteriore obiezione alla tesi del Comune circa l’insistenza dell’immobile nel “borgo antico” deriva dalla nozione “centro abitato” elaborata dalla giurisprudenza e ora definita nell’art. 3 del nuovo codice della strada, che lo identifica in un “insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine“. Esso va individuato nella situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, comunque suscettibile di espansione, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili. Non risponde dunque al preciso disposto dell’art. 41-quinquies, comma 6, della legge n. 1150 del 17 agosto 1942, assimilare ciò che nel lessico comune fa pensare all’originario nucleo abitato (il “borgo antico”, appunto), alla necessaria perimetrazione di una zona espressamente richiesta dalla legge.

Anche a non voler dare rilievo ai dati catastali, la concessione edilizia rilasciata a suo tempo per la ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso e fusione di due unità immobiliari, a piano terra, rappresenta chiaramente l’esistenza del corridoio chiuso. In particolare, esso risulta nell’elaborato grafico di rilievo dello stato dei luoghi come corridoio coperto di accesso e nell’elaborato di progetto come trasformazione da corridoio di accesso in locale di deposito e passaggio di servizio, ad uso esclusivo del locale commerciale, nonché nella relazione tecnico-descrittiva dei lavori.

Né può assumere rilievo contrario il fatto che esso non sia graficizzato nella successiva Dia favorevolmente esaminata dall’Amministrazione, in quanto avente ad oggetto interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria all’interno delle predette unità immobiliari, tra le quali non rientra la riapertura del vano mediante rimozione del portone.


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